venerdì 3 maggio 2024

La tentazione di forgiarsi in un’altra stirpe

Aggrappato a quarti di idea e a simulacri di sogno, giunto alla riflessione per caso o per isteria e niente affatto per preoccupazione di rigore, mi scopro, in mezzo alla gente civile, come un intruso, come un troglodita innamorato della caducità, sprofondato in preghiere sovversive, in preda a un panico che non emana da una visione del mondo, ma dagli spasmi della carne e dalle tenebre del sangue. Impermeabile alle sollecitazioni della chiarezza e alla contaminazione latina, sento l'Asia muoversi nelle mie vene: sono forse il discendente di qualche tribù inconfessabile o il portavoce di una razza un tempo turbolenta e oggi muta? Spesso mi coglie la tentazione di forgiarmi un'altra genealogia, di cambiare antenati, di scegliermeli fra coloro che, ai loro tempi, hanno saputo spargere il lutto fra le nazioni, al contrario dei miei, dei nostri, ignorati e straziati, colmati di miserie, amalgamati al fango e gementi sotto l'anatema dei secoli. Sì, nelle mie crisi di fatuità propendo a credermi l'epigono di un'orda illustre per le sue depredazioni, un turanico d'animo, l'erede legittimo delle steppe, l'ultimo. mongolo… 

E.M. Cioran  Storia e utopia


giovedì 2 maggio 2024

Flusso di coscienza

(Gerusalemme, 15 luglio 1943)... Il cervello non è mai ozioso in stato di veglia; potrà magari essere occupato in pensieri vani, indifferenti, minimi... (ma pensieri sempre esistono e si succedono vertiginosamente). Sarebbe sforzo non privo di senso quello di chi tentasse di registrare per un po' questa successione, ma, la registrazione non potendo essere automatica e così rapida come la mutabilità del pensiero comporterebbe, la successione non sarebbe più spontanea ed il significato come materia indicatrice di lavorio psicologico diventerebbe minimo o nullo...; potrebbe riuscire attraente un libro che cercasse di imitare il lavoro spontaneo e senza posa del cervello di un qualsiasi uomo attraverso una supposta giornata, esprimendo per iscritto in informe successione i pensieri nella loro stravagante e saltellante serie, determinata spesso da circostanze esteriori…

Riccardo Bachi - Colloqui con me stesso

martedì 30 aprile 2024

Al Palazzo dei Comunisti

Mia mamma Antonietta si ferma davanti al Palazzo dei comunisti a via Medina, dove siamo già stati l'altra volta. Ha detto Maddalena che dobbiamo farci segnare nell'elenco delle creature dei treni. Al primo piano troviamo tre giovinotti e due signorine. Le signorine, come ci vedono, ci portano in una stanza con una scrivania e una bandiera rossa dietro. Ci fanno sedere e ci chiedono un sacco di cose. Una parla e una scrive sopra un foglio. Alla fine, quella che parla prende una caramella da un cofanetto e me la dà. Quella che scrive invece poggia un foglio sul tavolo, davanti a mia mamma, che non capisce. Allora le mette una penna in mano e dice che deve firmare. E mia mamma niente. Io scarto la caramella e il profumo di limone mi pizzica il naso. Le caramelle non è che me le mangio tutti i giorni.

Dalla stanza a fianco arrivano le grida dei tre giovinotti. Le signorine si guardano senza parlare, perché si vede che sono abituate e non ci possono fare proprio niente. Intanto mia mamma Antonietta rimane con la penna in mano, con la mano appesa e con il foglio davanti. Io chiedo perché nell'altra stanza stanno alluccando in quella maniera. Quella che prima scriveva resta zitta. Quell'altra che parlava, invece, dice che non è che stanno litigando, stanno discutendo delle cose che bisogna fare per stare bene tutti quanti, e che questa è la politica. Allora io chiedo: scusate, ma non state d'accordo tra voi qua sopra? Lei fa la faccia di quando ti metti in bocca una nocella e scopri che è amara e poi dice che ci sono delle divisioni, delle correnti… A questo punto quella che prima scriveva le dà di gomito, come per dire che ha parlato troppo, poi si gira verso mia mamma e la avverte che se non sa scrivere il suo nome può fare una croce, tanto ci stanno loro due come testimoni. Mia mamma Antonietta si fa rossa e senza alzare gli occhi dal foglio disegna una x, un poco storta. Io, dopo che ho sentito questo fatto delle correnti, mi piglio paura, perché, come dice sempre la Zandragliona, sono le correnti d'aria che fanno venire il catarro e mi hanno detto che i bambini malati non li fanno partire più. Che poi non è giusto: sono proprio quelli malati che devono andare a farsi curare, o no? Perché è facile fare la solidarietà con quelli sani, come giustamente direbbe la Pachiochia, che, a parte i baffi e le gengive marroni, sotto sotto è una brava femmina pure lei e ogni tanto una lira me la regala pure. 

Viola Ardone  Il treno dei bambini


Pestar l'acqua in un mortaio

Per dirla con Albert Einstein, la scienza senza filosofia, dove anche fosse possibile, sarebbe una ben arida attività. 

Se è vero che la scienza senza filosofia, se anche fosse possibile, sarebbe una ben arida attività, è anche vero che la filosofia che non tenesse conto della scienza, dove anche ciò fosse possibile, sarebbe vuota come vuoto è pestar l'acqua in un mortaio.

Pietro Greco - Einstein e il ciabattino


lunedì 29 aprile 2024

“Siamo tutti venuti fuori dal cappotto di Gogol”

Continuando a evolversi lentamente, il racconto è sopravvissuto a lungo e con difficoltà all'ombra del romanzo. I due generi non erano in conflitto, anzi il loro contrasto arricchiva entrambi, perché uno prendeva qualcosa dall'altro. Ma non si poteva ancora dire, come oggi, che mentre il romanzo mostra tutto, il racconto si limita al minimo indispensabile.

“Siamo tutti venuti fuori dal cappotto di Gogol”, diceva Turgenev, e anche se alludeva soprattutto agli scrittori russi di racconti, la sua osservazione vale ovunque si scrivano storie.

Narrando di Akakij Akakievic e della sua ricerca del cappotto rubato, Gogol creò qualcosa che in letteratura era ancora sconosciuto. The Lonely Voice, il classico studio di Frank O'Connor su questo genere, cita Il cappotto come il primo esempio di racconto che rompe con quel che lui chiama “l'arte pubblica” del raccontar storie. Il miserabile impiegatuccio di Gogol, continuamente preso in giro e insultato perché è una nullità, non riesce a sollevarsi da una meschinità che gli diventa intollerabile quando spende tutti i suoi soldi per sostituire il cappotto liso con uno nuovo, per poi vederselo quasi immediatamente rubare. È tutto qui, ma in quello sfavorevole incidente, e nelle circostanze fatali che ne derivano, Gogol sapeva esserci una verità degna di essere indagata.

Sapeva Istintivamente che non era materia per un romanzo, un pathos di maggior lunghezza sarebbe apparso forzato e che il vigore del racconto ne sarebbe stato indebolito. Solo la brevità avrebbe potuto offrire l’immediatezza necessaria a comunicare quel che Gogol voleva dire e, con Il cappotto, diede al racconto una forma che prima non esisteva. Gli conferì un'identità e fissò il carattere che poi ha sempre mantenuto…”

William Trevor (il più importante scrittore vivente di racconti in lingua inglese)



domenica 28 aprile 2024

Una Torre di Babele di giornali e libri

“Anselm Kiefer è oggi uno dei grandi protagonisti dell'arte mondiale. Nato in Germania l'8 marzo del 1945 è cresciuto tra le macerie della Seconda guerra mondiale: da qui la sua necessità di testimoniare la lacerazione del tempo e della memoria. Sulle sue tele, come nelle sue sculture, c'è di tutto: impasti di colore con cenere, paglia, elementi della natura o relitti di oggetti distrutti. Usa la carta, il piombo, la fotografia, la scrittura. Il tema dei libri è da sempre presente nel lavoro di Kiefer. Nell'opera dal titolo “Erdzeitalter” (unità di misura cosmica che segna il tempo del mondo) presenta le diverse ere geologiche inserendole in un riferimento biblico: una Torre di Babele di giornali e libri. Come se la salvezza del mondo fosse affidata alla lettura. Un'opera di forte valore etico, un passaggio di testimone naturale con la prima copertina di Ai Weiwei”

Gianluigi Colin


sabato 27 aprile 2024

Un best-seller da spalmare

“Il Bel Paese - il libro del 1876 con cui l'abate Antonio Stoppani, geologo e naturalista, racconta agli italiani del Regno d'Italia la loro patria appena unificata - rappresenta forse l'unico caso di duraturo best-seller che, oltre a ripresentarsi in libreria con infinite riedizioni, arriva sulla tavola degli italiani. Destinato a essere spalmato, gustato e apprezzato di generazione in generazione. Infatti nel 1906 l’industriale Egidio Galbani battezza col nome di Bel Paese un formaggio a pasta morbida che esce dal suo caseificio di Melzo e inserisce sull'etichetta la ben conosciuta faccia dell'abate nato a Lecco nel 1824 e scomparso a Milano nel 1891”

Giorgio Boatti